Interessante la sentenza della Cassazione civile , sez. un., 14 gennaio 2009, n. 553 in tema di rapporto tra i due rimedi disciplinati, rispettivamente, dall’art. 1385 c.c., commi 2 e 3 a favore della parte non inadempiente nell’ipotesi di inadempimento della controparte hanno carattere distinto e non cumulabile.
La parte non inadempiente che abbia esercitato il potere di recesso riconosciutole dalla legge è legittimata a ritenere la caparra ricevuta o ad esigere il doppio di quella versata: la caparra confirmatoria assume, in tal caso, la funzione di liquidazione convenzionale e anticipata del danno da inadempimento.
Qualora, invece, detta parte abbia preferito domandare la risoluzione (o l’esecuzione del contratto), il diritto al risarcimento del danno, che rimane regolato dalle norme generali, postula che il pregiudizio subito sia provato nell’an e nel quantum, con conseguente possibilità di rigetto della relativa domanda in ipotesi di mancato raggiungimento della prova (Cass. 7180/1997; 4465/1997).
Conclude pertanto affermando che i rapporti tra azione di risoluzione e di risarcimento integrale da una parte, e azione di recesso e di ritenzione della caparra dall’altro si pongono in termini di assoluta incompatibilità strutturale e funzionale: proposta la domanda di risoluzione volta al riconoscimento del diritto al risarcimento integrale dei danni asseritamente subiti, non può ritenersene consentita la trasformazione in domanda di recesso con ritenzione di caparra perchè (a prescindere da quanto già detto e ancora si dirà di qui a breve in ordine ai rapporti tra la sola azione di risoluzione e la singola azione di recesso non connesse alle relative azioni “risarcitorie”).